C’era una volta…..la pubblicità
C’era una volta…..la pubblicità
Conoscere le origini nostre e di ciò che ci circonda è sempre piacevole, ed oggi abbiamo pensato di raccontarvi una storia, quella della pubblicità e della sua evoluzione.
Individuare il momento in cui è nata la pubblicità non è un’impresa facile. Le insegne poste sopra le botteghe già all’epoca dei Greci e dei Romani, le scritte che annunciavano feste e gare sportive, sono sicuramente esempi di comunicazione finalizzate alla promozione di beni e servizi.
Se vogliamo invece rivolgere la nostra attenzione alla pubblicità così come la intendiamo oggi, possiamo senz’altro ricondurre la sua nascita all’epoca della rivoluzione industriale (metà ‘800) quando l’aumento della produzione, la varietà dei prodotti e la concorrenza, imponevano una maggiore informazione degli acquirenti.
Proprio in quel periodo nascevano le prime concessionarie di pubblicità e sui quotidiani apparivano sempre più frequentemente le inserzioni pubblicitarie. Si diffondono anche i primi manifesti, dove si mescolano l’immagine, la parola, il colore. Questi manifesti spesso erano firmati da artisti di valore, fra cui Toulouse-Lautrec e De Chirico.
Nel 1925 il pubblicitario Claude Hopkins, intraprese per primo la giusta direzione che ci porta ai giorni nostri, avvicinando la pubblicità all’attività di vendita, introducendo i copy testing ed inserendo la “reason why” nei suoi annunci.
Quasi trent’anni dopo, nel 1953 appare in America il primo spot o short televisivo; poco dopo alla fine degli anni cinquanta anche la televisione italiana cominciò a trasmettere messaggi pubblicitari, percorrendo però una strada del tutto originale. La pubblicità fu ammessa, ma esclusivamente all’interno di uno spazio dedicato, “Carosello” un contenitore di 5 spot di lunga durata, studiati come piccoli film di animazione.
Dopo vent’anni di repliche fu sostituito dagli attuali spot molto più brevi, tra i 7 e i 60 secondi, diffusi nell’arco della giornata.
Con il passare del tempo si è sempre più puntato sulla capacità di eccitare l’emotività dell’acquirente e sulla marca, cui vengono collegati la qualità e il prestigio del prodotto.
In Italia, negli anni ottanta, nacquero delle saghe pubblicitarie che ebbero molto successo; ricordiamo quella di amaro Ramazzotti, o la lunga serie di spot Barilla.
Gli italiani si identificano infatti con molta intensità in quelle storie semplici e rassicuranti che giocavano sui buoni sentimenti e fruttavano il loro particolare attaccamento alla famiglia.
Oggi le cose sono cambiate nettamente, la pubblicità è orientata verso una forma di comunicazione “autoreferenziale” tendendo ad avere come oggetto sempre meno il prodotto da pubblicizzare.
Il messaggio pubblicitario cerca di stabilire un rapporto di complicità con il destinatario, mettendosi a nudo, si impoverisce, ma tende anche a far crollare le difese psicologiche di un interlocutore sempre più smaliziato e sofisticato. Apparentemente sembrerebbe vivere una situazione di debolezza, poiché cerca sempre meno di persuadere direttamente all’acquisto di un prodotto ma in realtà utilizza modalità di persuasione più sottili, coinvolgenti ed efficaci rispetto al passato.